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Coverciano com’era: Paola, il negozio che mancava

Come già raccontato nei post precedenti a Coverciano negli anni ’60 i negozi nei quali ci recavamo a far la spesa si trovavano in via Antonio D’Orso e in via Domenico Maria Manni. Le nostre mamme preferivano mandarci in via A. D’Orso perché ritenevano l’itinerario più sicuro e vicino rispetto alla nostra abitazione. Quasi ogni mattina,soprattutto in estate quando eravamo libere dalla scuola, ci facevano trovare il bigliettino con la lista delle cose da acquistare e noi ragazzine, insieme, ci recavamo a far la spesa. Sì perché a quel tempo la spesa la si faceva ogni giorno, c’era il frigorifero ma non il congelatore e quindi grandi provviste non si potevano fare.

Andando ogni giorno negli stessi negozi avevamo familiarizzato con tutti ma così, anche per ridere un po’, finimmo col dare a tutti i negozianti un soprannome : le sorelle Papi del negozio di ortofrutta le chiamavamo Le papesse, il macellaio, giovane e belloccio, ci parve somigliare molto al cantante Dino(quello che cantava “Gli occhi miei”)e finimmo col chiamarlo così. Un giorno mentre sfogliavamo il vecchio atlante geografico De Agostani, ancora in bianco e nero, mi colpì un’immagine che ritraeva un uomo etiope : “guardate un po’” dissi, “Non vi pare somigli al tabaccaio?” “davvero” concordarono le mie amiche. Bene da quel giorno il tabaccaio si sarebbe chiamato “L’etiopiano”. Le nostre mamme a furia di sentire quei soprannomi ne furono contagiate e, sul bigliettino della spesa che ci consegnavano ogni mattina non scrivevano più dall’ortolano, dal macellaio, dal tabaccaio bensì dalle “Papesse”, da “Dino”, dall’”Etiopiano” e usavano gli stessi nomignoli anche quando parlavano fra loro commentando i prezzi e la qualità della merce acquistata. Quando ci era permesso (non sempre) ci avventuravamo in via Domenico Maria Manni con la solenne promessa che avremmo camminato sempre sul marciapiede, per arrivare fino alla latteria, per intendersi quella che oggi si chiama “L’era glaciale”.: passeggiata gradita perché in quella latteria compravamo il gelato, buonissimo fatto artigianalmente dalla proprietaria. Con 25 lire la coppetta con 50 lire un cono che straripava gelato da ogni parte : ben 4 gusti potevamo scegliere! Una vera gioia per il palato!
Dunque sembrava che a Coverciano non mancasse niente. Eh no eccome se mancava qualcosa: non c’era il parrucchiere! Le signore del condominio ne lamentavano spesso l’assenza : “Guardate che capelli” diceva qualcuna e le altre le facevano eco “a chi lo dice” “ non riusciamo più a tenerli in ordine, da sole è difficile”. In effetti il parrucchiere mancava molto anche a me. Sì perché a differenza delle mie amiche che avevano capelli liscissimi, i miei erano riottosi, indisciplinati, indomabili. In quel periodo la moda imponeva capelli rigorosamente lisci, a “Spaghetto” tipo quelli di Catherine Spaak e Françoise Hardy, lunghi con la divisa nel mezzo e la frangetta sulla fronte. Ebbene le mie amichette li lavavano,passavano il Phon e il gioco era fatto: capelli “Spaghettati” e frangetta impeccabile. Io li lavavo, passavo il Phon e ne uscivano onde da ogni parte! Quante battaglie ho combattuto con i miei capelli! Niente, ne uscivo sempre sconfitta.
Quando non ci pensavamo più ecco la magica notizia: Paola aveva aperto un piccolo negozio. Sì, ora a Coverciano avevamo anche la parrucchiera! (ovviamente parlo della zona vicina alla mia abitazione, l’odierna via Federigo Tozzi). La notizia rimbalzò veloce e fu favorevolmente accolta da tutte le signore del condominio, prima fra tutte mia mamma che, in fatto di capelli aveva lo stesso mio problema. Il negozio di Paola si trovava al piano terra di una vecchia villa in via
G. D’annunzio al numero 92 se non ricordo male, villa oggi ristrutturata dalla quale sono stati ricavati vari appartamenti. Il negozio di Paola era piccolo tanto che il sabato in cui si registrava il massimo affollamento di clienti, alcuni attendevano fuori il proprio turno. Ben presto il negozio di Paola divenne il luogo di massima socializzazione per le signore del quartiere: si parlava, si commentavano le notizie lette sui settimanali, a volte qualche cliente ben informata rendeva edotte le altre di fatti non conosciuti. Insomma non mancavano anche commenti diciamo così. Un poco maligni.
Gossip si direbbe oggi, poco male il parrucchiere assolve ancora questa funzione.
Un giorno mia madre vedendomi particolarmente disperata dopo l’ennesima battaglia combattuta con i miei capelli, decise che avrei potuto chiedere a Paola un possibile rimedio. Ci andai. Raccontai il mio problema e Paola senza esitazione alcuna mi disse: “eh sì, qui serve il “Girotesta”.

Il girotesta? Il termine mi spaventò ma fui prontamente rassicurata : “ Niente paura, non fa male!” rispose ridendo Paola. Il girotesta consisteva nell’arrotolare i capelli su se stessi prima da un lato e poi dall’altro, asciugarli bene sotto il casco e voilà il gioco era fatto, capelli lisci perfetti!! Che genio Paola!. Uscii dal negozio felice dopo essermi rimirata più volte allo specchio. Ogni sabato passavo il pomeriggio da Paola perché l’operazione “Girotesata” non era proprio velocissima ma finalmente anche io potevo sfoggiare una capigliatura a “Spaghetto” come la moda del tempo imponeva.

Oggi il negozio di Paola non c’è più come non ci sono più i negozi di via Antonio D’Orso, spazzati via dalla grande distribuzione. La spesa non si fa ogni giorno ma una o due volte a settimana. Il congelatore provvede a mantenere tutto così com’è e possiamo usarlo anche dopo molto tempo. I parrucchieri non fanno più il Girotesta, non occorre attendere ore sotto il casco, per ottenere capelli lisci basta passare la piastra.

È tutto più veloce, tutto a portata di mano, dobbiamo fare tutto in fretta perché il tempo è prezioso e ne manca sempre un po’. Tutto cambia, è nell’ordine delle cose ma non so dire se questa velocità cui ormai tutti ci stiamo abituando rispetti realmente la natura dell’uomo oppure se l’uomo senza rendersene ben conto ne sia fagocitato suo malgrado.

Maria Cristina Calamai

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